Omas Tecnosistemi nell'Area S.M.A.R.T. di Cosmopack

Per i suoi “vent’anni di Cosmopack”, Omas Tecnosistemi ha fatto le cose in grande. Oltre ad aver presentato gli sviluppi più recenti dei mixer e delle intubettatrici, un monoblocco automatico per il riempimento di mascara e lipgloss e un monoblocco per profumi con roll-on, ha dato un contributo significativo alla Factory 2019 “NO-CO- No compromise” (dove, insieme ad Aliplast, Cosmoproject, Verve, si produceva e confezionava live durante la manifestazione uno scalp oil sostenibile).

Sotto i riflettori la nuova linea di confezionamento a godets sotto flusso laminare, con robot per trasferimento dei flaconi da vassoio d’ingresso nel godet, “filling docking station”, stazione automatica per inserimento e chiusura tappo a vite, estrazione del flacone con depucker su tavolo rotante d’uscita.

Per Savino Giudici (presidente di Omas Tecnosistemi) «L’azienda 4.0 è un’azienda “gestita”, che conosce a fondo tutti i suoi processi produttivi e commerciali e, per questo, è capace di attribuire loro il reale valore economico (sa quanto costano). E il principio è valido tanto per i costruttori come noi, quanto per i nostri clienti perché, ancora oggi, uno dei problemi maggiori è che le aziende non conoscono i margini delle varie fasi di lavoro».

Statistiche per l’efficienza. «Crescere con il 4.0 consente davvero di avere il pieno controllo delle tempistiche di produzione e, soprattutto, dell’efficienza di macchine e impianti, controllati da un sistema in grado di monitorare l’intero processo produttivo» ribadisce Giudici.
Per ottenere questi risultati, Omas si appoggia a varie software-house «che  forniscono i sistemi con cui programmare le macchine in un’ottica di gestione e controllo. Perché se fino a cinque anni fa le informazioni rimanevano “all’interno” della macchina (un fermo o un guasto segnalati da allarmi specifici), oggi tutto viene importato in un sistema gestionale che consente di creare delle statistiche, fondamentali per individuare le problematiche nel tempo e migliorare l’efficienza complessiva dell’impianto. Si tratta di sistemi “stand alone” che risiedono nella fabbrica del cliente… fabbrica che ora è addirittura possibile controllare da remoto e in tempo reale».

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Interessante la visione e l’esperienza di questa azienda, che mantiene in-house molte lavorazioni meccaniche, effettuate in un sito produttivo interno dotato di centri di lavoro, macchine a controllo numerico, frese e torni paralleli tradizionali. «Questo reparto è il nostro fiore all’occhiello: tutto viene realizzato in Omas, perché riteniamo essenziale avere il controllo assoluto sull’intera produzione, dalla progettazione alla costruzione, con un occhio di riguardo ai dettagli che fanno la differenza».

E quindi, da “utilizzatore” dell’Industry 4.0, i risultati stanno arrivando?
«Penso proprio di sì. Dopo aver avviato un percorso di crescita otto anni fa, passando da venticinque addetti agli attuali centoquindici, abbiamo giocoforza cambiato il gestionale, ed è stato come indossare un nuovo abito: fino a poco tempo fa le nostre macchine di produzione venivano programmate a bordo macchina, oggi le programmiamo da remoto con sistemi autocad cam. Il che ci consente di predisporre la produzione di un particolare meccanico e le tempistiche con un’efficienza e una precisione prima impensabili. Il che, per noi, significa anche conoscere a priori i costi di una certa lavorazione…». 

Tecnologia su misura. Infine, se per il momento, obiettivo di Omas è di dotare le macchine di sistemi e controlli per la diagnostica preventiva («sfruttiamo l’esperienza dei controlli con PLC ma non montiamo sensoristica specifica per la manutenzione predittiva»), per quanto riguarda la robotica sentono di essere «perfettamente al passo con i tempi, grazie all’integrazione della tecnologia di alcuni costruttori, come Comau, che hanno insegnato al mondo come fare automazione».  
Ma in questo scenario industriale, dove le azioni sembrano essere guidate dall’intelligenza artificiale, le persone non serviranno più? Giudici non lo crede possibile dato che «è sempre e comunque l’uomo a fare la differenza. Le macchine, alla fine, funzionano, ma non hanno “nulla che batte”, non hanno l’anima… noi ce l’abbiamo». E meno male.
 

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