Un’alternativa... a base di ciauscolo (e molto altro)

Scrivo delle Marche e nel titolo il richiamo al salame, di antiche origini contadine, tipico di quella regione: roseo, profumato, dal gusto saporito ma delicato, da spalmare sul pane. Editoriale di Stefano Lavorini

  «Dalla lettura di un pezzo di vera, contemporanea poesia (…) 
si può (…) dir quello che di un sorriso diceva 
lo Sterne: che essa aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita. 
Essa ci rinfresca, per così dire; e ci accresce la vitalità».
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Giacomo Leopardi, Zibaldone, nota del 1 febbraio 1829

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Il nome ciauscolo sembra derivare dal latino Cibusculum: piccolo cibo o piccolo pasto, come a sottolineare il fatto che l’eccesso nel mangiare non giova.

E anche l’eccesso di pathos nel lavoro sembra essere controproducente, sostengono alcuni. Eppure, nel nostro Paese - in cui sembra siano stati dimenticati i presupposti di una convivenza civile - operare e battersi per riaffermare la radicalità dei principi richiede l’entusiasmo e l’energia, altrove sufficienti a fare una rivoluzione.

Ne sanno qualcosa le donne e gli uomini di Boxmarche che, quest’anno, reinventandosi come sanno ben fare, hanno “inciso” addirittura un “Poema operoso”, in cui si fondono arte e lavoro, ispirazione e impegno.
Questa piccola azienda marchigiana si conferma, a mio avviso, come un caso “culturale”, a dispetto dell’originalità e irripetibilità del modello.


Producono, non salami, ma astucci di cartoncino, come altri: idee e packaging, che vendono ai produttori beni di largo consumo al pari di blasonate cartotecniche. Ma, dalla loro, hanno che sanno parlare con la propria voce, fare ciò in cui credono e in cui trovano piacere. 

Riescono - e questo è sorprendente - a far sentire suoni ed emozioni che stridono con la “normalità” del mercato e che strappano la cappa di ignoranza e banalità dilagante, lavorando in maniera responsabile, sostenibile e trasparente, erseguendo uno scopo più alto del solo guadagno.

La ricetta, in fondo, è facile… facile, a dirsi: senza morale non si fa impresa, come si deduce leggendo il (quindicesimo!) Global Report 2018, che riunisce Bilancio d’esercizio, Bilancio sociale e ambientale, Analisi del capitale intellettuale, e che ben rappresenta l’azienda, le sue persone e i suoi valori, parlando di umanità e di business, di cultura e gioia di vivere, di bellezza e amore... 

E del fatto che non “seguano” ma “scelgano”, si trova prova nella modifica dello statuto societario, che Boxmarche si è regalata in occasione dei 50 anni di attività e che avvia la trasformazione dell’azienda in una B-Corp (Benefit Corporation), con l’obiettivo di far sì che la propria attività economica crei un impatto positivo su persone e ambiente, mentre genera profitto.


Un “dettaglio” importante, che rischia quasi di finire in secondo piano tra le voci della lunga lista di iniziative svolte per dare risposte alle esigenze di tutti gli stakeholder: dal restauro della tavola Madonna con bambino e Santi di Pietro Perugino nonché dei soffitti a stucco opera di Federico Brandani a Palazzetto Baviera di Senigallia, alla raccolta fondi per la ricostruzione della scuola di Pieve Torina, distrutta dal terremoto del 2016.
Tornando al Report, basta spulciare il capitolo “Creazione e distribuzione del valore aggiunto”, dove è messo in chiaro che, su un totale di 3,8 milioni di euro, solo 60mila euro sono stati destinati agli azionisti.

Tutti in festa, quindi, il 5 luglio nello stabilimento di Corinaldo.

Tutto bene, anzi benissimo per le 300 persone intervenute: perché anche se qualcuno poteva nutrire qualche riserva sulla lunghezza del programma (oltre 3 ore e mezza in stabilimento), sulla coerenza di alcuni interventi o sul disegno generale dell’evento, in apparenza ripetitivo nella martellante riproposizione di tanti buoni progetti, nessuno ha potuto dubitare della sincera passione, dei meritevoli intendimenti e dei molti incontrovertibili risultati ottenuti.
D’altronde, come scrive Lev Tolstòj in Guerra e Pace, «Non c’è alcuna grandezza laddove non vi sono la semplicità, il bene e la verità».

Tonino Dominici, uomo intelligente, gentile, generoso, è stato, come d’uso, il regista di una festa fatta per se stesso e per la sua gente, per tutti noi, per celebrare l’idea che l’uomo possa essere meglio che stupido ed egoista.

Per quello che conta, lo abbracciamo, e sono sicuro non siamo in pochi.
 

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