IDM Automation nell'Area S.M.A.R.T. di Cosmopack

The evolution of ELECTRIC: così IDM Automation Srl si è presentata all’edizione 2019 del Cosmopack, portando in fiera la e-MF302, macchina per il riempimento di flaconi in plastica e vetro completamente elettrica, che integra due robot scara Mitsubishi, uno dedicato al carico e uno allo scarico dei flaconi.

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Una serie di plus ulteriori caratterizzano il modello rispetto alle versioni precedenti: più performante, più rispettoso dell’ambiente grazie ai ridotti consumi energetici, silenzioso per un maggior comfort lavorativo, protezioni “full glass” per una migliore funzionalità e praticità d’uso.
«Tutto nasce in pratica dalla nostra costante propensione alla ricerca e alla sperimentazione» esordisce Ivan Riboni, Ceo di IDM Automation «che ci sta anche guidando verso nuovi sviluppi, in linea con i parametri di Industry 4.0».
È il caso del progetto IDMind, nato dallo sviluppo del New Technology Dept. Grazie a questo progetto, IDM ha presentato un servizio di telemetria della produzione e supporto proattivo, denominato Machine.Care.

«In pratica - sintetizza Riboni - abbiamo messo nero su bianco la nostra idea di manutenzione predittiva, con una soluzione che si basa su una App “lato cliente” e un dashboard “lato produttore”, che consente di gestire in modo organizzato e ottimizzato gli interventi a bordo macchina ed è attivabile sia sui nuovi macchinari sia su tutti quelli forniti sino ad ora. In altri termini, Machine.Care è una soluzione di tracciamento dati, in grado di creare uno storico delle manutenzioni da inviare sia a gestionali MES/ERP di terze parti, sia al portale e all’App dedicati in primis alla manutenzione ordinaria e straordinaria». 

Dati “per” tutti… ma non “di” tutti
Per l’approfondimento puntuale sulla soluzione, interviene Andrea Radaelli, responsabile del progetto IDMind, che parla di Industry 4.0 come di un puzzle di varie tecnologie.  «L’idea di dover gestire una quantità crescente di informazioni può risultare ostica, se non si dimostra agli utilizzatori che alcuni sistemi possano offrire vantaggi concreti e significativi.

Per questo l’approccio che abbiamo adottato è stato di lavorare su una presentazione user friendly delle informazioni, sviluppando strumenti chiari, accessibili, immediatamente utili e fruibili. Strumenti - ribadisce Radaelli - capaci di creare una consapevolezza oggettiva sul funzionamento delle macchine, tramite notifiche che possono raggiungere l’utilizzatore in modo semplice e utile su diversi device, come un cellulare. 

Questo significa che ogni singola macchina di IDM ha nel cuore il concetto del Machine.Care, quindi la segnalazione del sintomo o di un problema viene generato dalla macchina stessa, togliendo dall’equazione il fattore umano, non perché sia inutile ma perché potrebbe creare “sensazioni” poco oggettive, che andrebbero a inficiare l’efficienza dell’intervento sulla macchina stessa».
Una volta eliminata la possibilità di errore nell’identificare un malfunzionamento nel tempo, e con una mole maggiore di informazioni a disposizione, si genera una sorta di predittività… «e dico “sorta” perché la vera intelligenza artificiale è un’altra cosa».

Sempre più consapevoli del valore reale dei dati e della loro gestione, le imprese sono d’altronde sempre meno propense a condividerle nel “cloud” e quindi «l’approccio che abbiamo adottato è stato di non “portare fuori i dati” dalle aziende, seguendo il concetto di On-Sight-Cloud, che permette ai nostri clienti di avere tutti i benefici dell’App e del cloud, ma che ha come punto di partenza casa loro. E la sicurezza dei dati, in questo caso è implicita, perché l’oggetto che utilizziamo come gestore dei dati in ingresso e in uscita è garantito all’origine».

«L’intento di IDM - interviene nuovamente Riboni - è stato proprio quello di dotare le nostre macchine di un sistema capace di offrire un aiuto immediato al cliente, mentre il dato più sensibile viene invece trasmesso ad altri sistemi per essere processato in modo più strutturato. Potremmo dire di aver contribuito a creare una cerniera tra due mondi che, per natura, non parlano ma che adesso devono per forza collaborare. Solo chi conosce la macchina può infatti inviare i dati nel modo corretto a chi non ha questa competenza, perché gli sviluppatori di programmi gestionali come MES o ERP non sono i programmatori dei PLC... hanno DNA diversi».

La maggiore efficienza nell’identificare il malfunzionamento di una macchina all’origine consente ovviamente di diminuire in modo drastico i fermi produttivi perché, di fatto, Machine.Care nasce non per “guarire” la macchina ma per monitorarla e non farla “stare male”. Un concetto che il clienti hanno recepito in modo positivo, apprezzandone soprattutto la concretezza.

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